Luigi Masecchia
Nato a Napoli nel 1975, il suo percorso espressivo inizia all’istituto d’Arte Boccioni, dove si diploma per intraprendere poi il lavoro di grafico e designer. Dopo aver lavorato in alcuni dei più apprezzati studi pubblicitari napoletani, Luigi si scontra con una dimensione visiva che sente sempre più lontana dalla sua, frenetica e sincopata, dove la bellezza e la sintesi concettuale sono spesso accantonate a favore dell’immediato e dell’effimero.
Quello della grafica pubblicitaria diventa così un territorio che, dopo il fascino iniziale, gli rivela un vuoto emozionale che lo costringe ad distaccarsi da quel mondo. Per colmarlo, quasi come a volersene allontanare il più possibile, inizia a correre, giorno dopo giorno, per un anno intero. Macinando chilometri libera la mente e inizia a elaborare quello che sarà il suo personale concetto di resilienza. Una fortificazione, una rinascita, una possibilità di rinnovamento per le persone, così come per gli oggetti.
L’elemento umano e quello materico si uniscono nel suo sentire fino ad arrivare a una illuminazione: trasformare i tappi di metallo, quelli che spesso si ritrovava a calpestare durante le sue corse, in opere d’arte. Non solo riciclare, ma ripensare, riplasmare, riconcepire.
Nasce così nel 2012 la sua prima opera, concepita utilizzando come tela i suoi primi 2200 tappi a corona.
Quella prima esplorazione artistica si traduce in un successo immediato e imprevedibile che lo porta a ricevere decine di commissioni. È il segno che la sua intuizione incontra il favore del pubblico, il momento di un gesto di coraggio e consapevolezza che gli conferisce a pieno titolo la qualifica di artista. Da quel momento sceglie di vivere esclusivamente della sua arte, abbandonando del tutto l’attività precedente.
Nel 2013, anno della sua prima personale, dà vita anche a Tappost, l’associazione che da sempre accompagna e supporta la sua attività artistica con cui, fedele ai propri concetti di resilienza e recupero, dà spazio ai ragazzi appartenenti a categorie disagiate rendendoli co-autori delle sue opere.
L’anno successivo, dopo aver conosciuto Roberta, sua attuale compagna, si trasferisce a Barcellona, diffondendo anche nella capitale catalana la sua originale visione artistica e arrivando a realizzare a Palau Macaya, nel 2015, la sua prima personale europea.
Nello stesso anno, durante la biennale di Palermo, davanti a una delle sue opere Vittorio Sgarbi lo definisce “genio”.
Il 2016 è l’anno del ritorno a Napoli, dove decide di portare avanti la sua attività artistica e far nascere il suo primo figlio Antonio Jordi.
Nel 2018 incontra Benedetto Longobardi Ruju, iniziando con lui un sodalizio umano e artistico che culminerà con la nomina a suo curatore.
In tutti questi anni ha lavorato perfezionando le sue scelte stilistiche, sperimentando generi e contaminazioni, sempre alla ricerca di un solco personale e indelebile nel mondo dell’arte contemporanea. Una speciale pressa a dima, modificata personalmente, gli permette di trasformare i canonici tappi a corona circolari in rombi, quadrati, circonferenze e in tutte le fattezze più congeniali alle sue opere, aggirando i limiti intrinseci dei materiali e inaugurando forme d’arte inedite e di grande impatto visivo.
Nei periodi di maggiore produzione ha raccolto oltre 2 milioni di tappi al mese, inviati al suo studio da tutto il mondo, compresi importanti marchi internazionali.
È uno dei pochi artisti ad aver venduto, in tutte le personali e collettive cui ha esposto, tutte le opere in mostra.
Dall’Italia al sud-est asiatico, da Parigi a Tolosa, da Londra a Mosca, i suoi quadri sono oggi alle pareti di alcuni dei più famosi personaggi dell’arte, della politica, dello spettacolo e della moda.